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Mi chiamo Otto. Otto come quelli che contano le crocchette nella ciotola — spoiler: non sono mai abbastanza. Meticcio dorato, passo deciso, vivo con Chiara, la mia umana, che ha un difetto curioso: ama i viaggi lenti.

Talmente lenti che una volta siamo rimasti due ore sotto un olivo solo perché lei voleva “sentire il profumo del vento”. Io, nel dubbio, l’ho annusato tutto. Anche l’olivo.

Questa volta ha detto: “Si parte per il Golfo dei Poeti, Otto.”

Io ho sentito “poeti” e mi sono preoccupato. Gente ferma, che guarda l’orizzonte e dimentica i biscotti.

Invece, Lerici è stata una sorpresa.

Siamo arrivati al mattino, con il mare ancora un po’ assonnato. Il primo a salutarmi è stato un gabbiano, maleducato e rumoroso. Gli ho risposto abbaiando. Così, per mettere in chiaro le cose.

Chiara ha scelto la strada verso il Castello. Io avevo adocchiato un bar con brioche alla crema, ma niente: priorità architettoniche.

Per fortuna, lungo la salita, c’erano fiori, salsedine e quel profumo irresistibile di focaccia che ti fa credere nella felicità.

La vista da lassù era bellissima. Secondo lei, “poetica”.

Io preferisco la vista del suo piatto quando ordina acciughe fritte. Ma tant’è. I poeti si commuovono per le onde, io per i pranzi.

Nel pomeriggio siamo arrivati alla spiaggia della Venere Azzurra. Nome importante, sabbia generosa. Mi ci sono rotolato con tale entusiasmo da sembrare una statua: Otto, il cane fuso col bagnasciuga.

Chiara ha detto: “Sei diventato una panatura.”

Poi, mentre cercava di pulirmi il naso con un fazzoletto umido, ho starnutito tutto addosso a lei.

Lì sì che abbiamo riso davvero.

Il momento magico è arrivato dopo: il gelato. Naturale, artigianale, e — colpo di scena — con un cucchiaino tutto per me. Yogurt e miele.

Quella, amici miei, è poesia.

Abbiamo chiuso la giornata sul molo. Io ho conosciuto un bassotto francese in vacanza. Serio, con il programma già pronto. “Domani Cinque Terre. Monterosso, Vernazza, pausa pipì a Corniglia.”

Portava sandali con le fibbie.

Sì, sandali.

Io ho fatto un cenno con la coda. Lui ha approvato. Chiara mi ha guardato e ha sorriso.

Quello sguardo che conosco bene: metà amore, metà prenotazione su Booking.

Mi sono accoccolato contro di lei. Il vento profumava di sale, focaccia e storie da cominciare.

E domani, nuove zampate. Nuovi odori. Nuovi bambini che gridano: “Guarda mamma, un leone!”

No, piccolo.

Sono Otto.

E questa è la mia rotta da annusare.