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(Parco del Conero, Marche)

Il mio umano ha deciso che ci serviva “natura vera”.

Tradotto: salite, sudore, silenzio. E nessuna deroga per chi ha quattro zampe e un debole per la salsiccia.

Io avrei optato per una giornata diversa: vincisgrassi, un po’ di ombra e magari un tuffo in mare con pennichella annessa. Ma no, qui vige la democrazia a senso unico. Comanda lui.

Così siamo arrivati al Parco del Conero. Uno di quei posti dove l’aria sa di mare e bosco insieme, e il vento ti spettina anche l’anima. Bastano due fiori col nome difficile per farlo diventare tutto ispirato. “Guarda, l’Euphorbia!” E io lì, con il naso a terra, a inseguire storie più interessanti.

All’inizio era anche divertente: nuovi odori, cespugli da decifrare, pigne che sembravano tartufi ma non lo erano (ho imparato a mie spese).

Lui partiva a razzo, con lo zaino tecnico e lo sguardo da esploratore. Io lo seguivo, ma ogni cinque metri dovevo fermarlo: i profumi non si saltano, si leggono.

Poi è arrivata la salita.

E lì, amici, il mito è caduto.

L’umano intrepido è diventato una marmotta ansimante, tutta sospiri e richieste d’aiuto. “Aspetta Luna… un attimo… vado in crisi…”

Io, paziente come una zia in pensione, mi sono seduta. L’ho guardato.

E ho capito chi è davvero l’animale addestrato tra i due.

In cima, ha tirato fuori la borraccia (per lui), una mela (sempre per lui), e ha detto la frase rituale: “Guarda che panorama, Luna! Guarda che energia!”

Io, in quel momento, stavo inseguendo un odore importante dietro un masso. Energia sì, ma olfattiva.

E poi, sorpresa: è arrivato lui.

Un altro cane, bianco, elegante, silenzioso. Sembrava uscito da un brunch vista mare. Pelliccia perfetta, aria distratta, passo da passerella.

Mi ha ignorata con stile.

Io no.

L’ho annusato con decisione e ho lasciato un messaggio chiaro su un tronco lì accanto. Benvenuto al Conero. Porta rispetto.

Il ritorno è stato più silenzioso.

Lui parlava di “connessione profonda con la natura”. Io pensavo ancora alla salsiccia. E a quel profumo strano sentito poco prima: forse un tasso. O un pranzo al sacco abbandonato. Entrambe le opzioni mi sembravano più concrete della connessione.

Arrivate alla macchina, sono saltata su leggera come una cerva in forma.

Lui è crollato sul sedile, sudato ma felice. Convinto di avermi regalato una giornata indimenticabile.

E aveva ragione.

Solo che i nostri motivi erano un po’ diversi.